L’arcipelago Li Galli. Veduta aerea dei tre isolotti denominati Gallo Lungo, il più grande, con la silhouette di un delfino, La Rotonda e La Castelluccia.
novembre 2022
Laura Arrighi
Li Galli, l’Isola delle Sirene
Un arcipelago dove convivono arredo arte e natura.
L’isola che non c’è invece c’è.
È al largo di Positano.
Da lì si riesce a vedere Capri.
Ci abitano ballerini rapiti da armonie di sirene.
Scrittori che intrecciano storie di un tempo eterno.
Architetti che progettano rifugi per l’anima.
Se cammini per i vicoli non puoi incontrarli. Perché la
loro epoca è un’altra, anche se non è mai passata.
Però sono attorno, dentro a ciò che vedi,
che fai, che pensi.
L’isola delle Sirene
Al largo di Positano, a metà strada dall’isola di Capri, si trova il piccolo arcipelago chiamato Li Galli. È formato da tre isolotti denominati Gallo Lungo, il più grande, con la silhouette di un delfino, La Rotonda e La Castelluccia, chiamata anche come l’ isola dei Briganti per via dei pirati corsari che un tempo l’abitavano.
È maggio, mi avvicino all’arcipelago. Sono di fronte ad un luogo magico. La luce del sole filtra dalle nuvole creando giochi di ombra sul promontorio, che digrada rapidamente fino al mare. Le onde si infrangono sul basamento roccioso. Sulla sommità fitti pini marittimi nascondono un mistero. In questo scenario naturale e selvaggio, si scorgono un approdo e una “via” segnata con muretti a secco che salgono a zigzag. Un invito a sbarcare. Capisco perché questi tre isolotti sono noti anche come “Le Sirene”. Il canto è evidentemente metaforico, ma il richiamo dell’isola, che incoraggia alla scoperta si percepisce, è reale.
Il nome fa riferimento al mito delle sirene narrato da Omero nel libro XII dell’Odissea. Quando Ulisse racconta al re Alcinoo di come, informato da Circe dell’imminente incontro con le Sirene che abitavano l’arcipelago e del pericolo insito nell’ascolto del loro canto, riuscì ad evitare il tranello con uno stratagemma. Anche se l’immagine delle sirene come esseri aventi il corpo di pesce e la testa di donna è presente nell’Antica Grecia, è ricorrente nella mitologia una versione più “terrena” di questa figura. Nelle Argonautiche riportate da Apollonio Rodio, Orfeo arrivato nei pressi di Antemoessa, l’isola delle Sirene, avvistò esseri “simili a fanciulle nel corpo ed in parte uccelli”. Donne con testa di gallo. Ecco il motivo del nome.
L’isola della danza
Comincio a risalire il sentiero tracciato nella natura, rigogliosa e curata: un tripudio di colori e profumi, tra fiori, piante grasse e vegetazione spontanea. Statuette dalla forma di gallo sono appoggiate sui muretti a secco. Scorgo alcune persone indaffarate. Giardinieri che potano, altri che puliscono il sentiero. Qualcuno sta curando un orto. Un ragazzo scende con un’arnia in mano e mi offre miele appena raccolto. L’isola è abitata ed è piena di vita. Alzo gli occhi e vedo una vecchia torre saracena restaurata. Arrivo infine ad una villa che sorge sulle ceneri di un’antica Domus romana. Tracce di storia emergono, altre rimangono nascoste, conservate come tatuaggi indelebili di questa terra.
Di fronte alla villa, l’attuale proprietario dell’isola, Giovanni Russo De Li Galli, mi accoglie con il sorriso. Con un completo di lino bianco, a piedi nudi, un bassotto di nome Gordon al seguito, apre le braccia: “Benvenuti”. Il suo sguardo è gentile, come i suoi modi. Mi dice che lui si considera come un ospite dell’isola. Ha l’onore di viverci e di prendersene cura. E anche il sole piano piano appare. Mi incammino alla scoperta di Li Galli insieme a Giovanni e a Pietro, l’attuale “guardiano”, che si occupa della manutenzione dell’arcipelago. Mi raccontano la storia di chi, ammaliato dalla bellezza dell’isola, una volta approdato, non riuscì più a lasciarla. La villa centrale risale agli anni ’20, quando – invitato dallo scrittore russo Mikhail Nikolaevič Semenoff – il ballerino e coreografo russo Leonid Fedorovič Mjasin (Léonide Massine) venne in Italia insieme a Picasso, acquistò l’isola e vi si traferì. Il suo proposito era creare un centro artistico di musica, danza e cultura. All’epoca sull’isola c’erano i resti della torre saracena, dell’antica villa romana, di una cisterna e dell’approdo, nonché di un vecchio ricovero in cima alla piccola baia che si affaccia sulla terraferma. Sull’isola dei Briganti si trovavano resti di strutture medievali e rovine più antiche. L’estate del 1924 vide l’inizio di una serie di lavori di recupero paesaggistico e architettonico. È raccontato in The Siren Isles. Li Galli di Romolo Ercolino che per il progetto della sua villa, Massine contattò l’amico e architetto Le Corbusier che venne a Positano ospite a Li Galli..
Sembra che ci sia un legame tra un certo tipo di isole e i sogni. O forse il fatto è che le isole di questo genere hanno la capacità di attirare i sognatori.
Le Corbusier visitò anche Capri e rimase affascinato dall’architettura spontanea caprese. A questa dedicò un articolo di “Domus” dell’ottobre 1937 in cui spiega come esistano molteplici definizioni dell’architettura, la cui più espressiva è “la costruzione di un rifugio. Se messo al riparo il corpo, il cuore e il pensiero, nessuna restrizione limita tale programma: esso può essere prospettato senza confini. Può divenire una sinfonia strumentata prodigiosamente; può anche costringersi, o raggiungere la forma di un canto puro […]. Le opere del folclore non hanno bisogno di giustificazione: esse parlano. […] La casa è un riflesso dello spirito.
È quello che noi siamo o vogliamo essere […]. Le sue vie sono quelle che provengono dagli strati migliori delle cose, della natura e dell’uomo”. Con questo elogio dell’architettura “pura”, semplice, spontanea, il testo lecorbusiano sottolinea aspetti che riconosciamo anche nell’architettura di Li Galli: “una sorta di fioritura architettonica germinata sul fianco dell’isola. Un’emanazione della roccia, una figliazione dell’isola, un fenomeno vegetale, quasi un lichene architettonico” nato su un nuovo “paesaggio creato dall’uomo” nei secoli. Animato da questo spirito, Massine intervenne con restauri puntuali. Come quello dell’antica torre di guardia saracena, che divenne la sua residenza abituale, in cui collocò al primo piano una grande sala da ballo.
È il primo edificio in cui entro. Cammino sulla pedana inlegno di pino siberiano su cui danzarono i magnifici artisti del passato. Su un soppalco vedo strumenti che allestiscono lo spazio di un quartetto. La batteria è un omaggio di Tullio De Piscopo. Alle pareti vecchie foto. Nel silenzio, sembrano risuonare note e passi di allora. Ai piani superiori camere dai toni del mare e del sole. Al piano terra una cucina living in cui si alternano pietra bianca e maioliche. Questa era la stanza dove i ballerini trascorrevano le loro serate. I decori delle ceramiche e gli arredi sono colorati e dinamici. Come le sedie Gina oro, dagli intrecci che formano ricami preziosi che sembrano omaggiare quell’armonia di movimento. Massine costruì anche un teatro all’aperto, dis trutto da una violenta mareggiata a metàdegli anni ’60. Il suo ideale era di trasformare Li Galli in un centro artistico internazionale, aperto ai giovani artisti. Una cosa che dopo qualche anno, sta avvenendo in altra “forma d’arte”.
Torno nel cuore dell’isola. Il sole è ora alto nel cielo. Alcune barche si avvicinano con la musica accesa. I passeggeri si divertono. Il tempo di un bagno e vanno. Resto a guardare mentre si allontanano. C’è di nuovo un silenzio surreale. Rotto solo dal canto degli uccelli. La natura ora ha colori sgargianti. Mi affaccio sopra un pendio, un po’ di vertigine, e riesco a scorgere il fondale roccioso a ridosso degli scogli. Poi il blu più profondo. Camminando sul sentiero incontro altre due piccole strutture completamente inserite nel versante roccioso.
Ospitano piccole camere, con letti a baldacchino bianchi, maioliche di Vietri lucenti a pavimento, e ricercati dettagli di arte, arredo, decorazione. Ognuna apre una diversa vista che incornicia porzioni di paesaggio: un’opera da contemplare. Arrivo alla villa centrale e faccio un altro salto nella storia. Dopo la morte di Massine, l’arcipelago passò di proprietà a Rudolf Nureyev, nel 1989. Il ballerino russo modificò il progetto della villa, lasciando i segni della sua presenza. La decorò con un’incredibile collezione di maioliche ottomane che ancora oggi possiamo apprezzare. Tutte le stanze furono arredate con Kilim e bellissime lampade artigianali. Pietro ci racconta che alla morte del ballerino, quando l’isola visse momenti “bui”, alcune decorazioni in ceramica furono rubate. L’allora guardiano dell’isola si barricò all’interno della villa centrale per proteggerla e la maggior parte dei decori venne preservata. “L’arcipelago è sempre stato difeso dai guardiani. Una volta stavano lì isolati e potevano passare anche un intero mese senza vedere nessuno. Erano un tutt’uno con l’isola”.
Dopo il 1993, anno della morte di Nureyev, Li Galli rimase disabitata, fino a quando fu rilevata da Giovanni Russo che, prima in società, e poi come unico proprietario, ripristinò il passato splendore. Subito dopo la sua acquisizione, Russo trovò l’isola abbandonata a se stessa. Iniziò quindi un recupero ambientale e architettonico, con l’obiettivo di restituire all’arcipelago il suo valore. L’intervento di Giovanni Russo è stato in continuità con l’opera dei suoi prestigiosi predecessori, ma con la suggestione di una nuova identità.
La casa è un riflesso dello spirito. È quello che noi siamo o vogliamo essere. Le sue vie sono quelle che provengono dagli strati migliori delle cose, della natura e dell'uomo.
L’isola delle arti
Poco dopo il mio arrivo, conosco di fronte alla villa Nicoletta, moglie di Giovanni, appassionata collezionista e patron delle arti. È radiosa ed elegante, in un completo verde acqua. I suoi occhi sono luminosi, vivaci; sono abituati a riconoscere e a cogliere la bellezza nel mondo, ed è come se la restituissero. Grazie alla visione di Giovanni e Nicoletta, l’isola è oggi un grande laboratorio, dove la “creazione del paesaggio” – per citare Le Corbusier – avviene in perfetta sintonia con l’inserimento di opere d’arte e design e di
interventi architettonici puntuali. Il tempo lento è forse il segreto di questa esemplare “costruzione”, che va avanti da anni. Opere vengono eseguite passo a passo, lasciando alla natura che le ospita il tempo di metabolizzarle, farle sue. A fianco della villa, spazio di rappresentanza, sorge un’altra piccola architettura: l’area privata della proprietà. Al termine del sentiero che porta alla casa, c’è la cappella consacrata a San Giovanni. In prossimità di tutti i caseggiati, ci sono piccole vasche di acqua di mare realizzate nella roccia.
In alcune sono state incastonate pietre di diversi colori provenienti dai luoghi del cuore dei nostri ospiti – Grecia, India, Portogallo – che, immerse nell’acqua, regalano riflessi inaspettati. In prossimità, i pezzi della collezione A’mare giocano con la luce del sole come fanno le vasche. Poltrone, lettini, sedie e tavoli progettati da Jacopo Foggini solidificano l’acqua anche sotto i bianchi portici della villa e sui pavimenti in pietra dei belvederi. O scompaiono creando solo riflessi sulla terrazza affacciata sul mare e rivestita di ceramica blu.
Al centro del “Belvedere Pietro” è stata appena installata una fontana in bronzo del designer Michael Anastassiades, che realizza per l’isola anche un maestoso tavolo in marmo verde mediterraneo. Non è difficile immaginare che accoglierà tante cene nelle incantevoli serate estive. Sotto i portici noto due Janette. I proprietari mi raccontano di averle acquistate a Capri: “Un giorno vennero i fratelli Campana nostri ospiti sull’isola e ci svelarono di averle disegnate loro …”. L’isola è un luogo dove vive l’arte. “Noi cerchiamo di scegliere opere con discrezione, con l’intento di non scalfire l’integrità della bellezza dell’isola. Sono tracce di presenze, ma non interventi veri e propri”. Le poesie di Matilde Cerruti Quara, incise da lei stessa nella roccia, ne sono il perfetto esempio, come i piatti dipinti a mano da Camille Henrot, cotti nel forno dell’isola. Passeggiando sotto l’ombra dei pini, incontro le due Shepard Chairs, sculture in bronzo di Dimitrios Antonitsis, che offrono una sosta privilegiata. Subito dopo, la scultura di Cecile B. Evens, un quadrato di cemento sagomato con inserti di resina blu mare, anche lei una comoda seduta per godere del magico paesaggio.
L'isola parla, a chi sa ascoltare, di una storia antica fino ai giorni nostri
Nella camera da letto noto sul soffitto un affresco dell’artista Emil Michael Klein: trame di linee blu sfumate di rosa, compongono “infiniti” che quasi non si percepiscono se non si alza lo sguardo per cercarli. E capisco cosa intenda Nicoletta. Anche la sedia della collezione A’mare si integra con il paesaggio riflettendosi sullo specchio di acqua. In unangolo della stanza, un’opera di Ettore Sottsass Claire de Lune, un totem di ceramica in bianco e verde acqua.
“Amiamo moltissimo essere circondati da arte e design. Ci piace accostare oggetti e opere di grandi maestri a quelle di giovani artisti, o alto artigianato. Ettore Sottsass appunto, Joe Colombo, Francesco Binfaré, Massimo Vignelli, Konstantin Grcic, Formafantasma, Jacopo Foggini, Luca Cipelletti, Francesco Faccin, Tom Dixon, Martino Gamper, Giberto Arrivabene Valenti Gonzaga, Anton Alvarez, Architetti Artigiani Anonimi… Proprio in questo momento, nella rimessa, sta lavorando un giovane artista greco, Savvas Laz, con il mediterraneo nel cuore. Savvas lavora sui temi dell’ecologia. Ha ideato il concetto di Trashformer, utilizzando materiali di scarto per creare opere seducenti. Abbiamo voluto che lavorasse al restyling della grotta di rimessaggio, il nostro accesso al mare e naturale luogo di incontro con amici che passano a trovarci anche solo per un saluto. L’opera è di fatto il primo approccio all’isola e l’intervento di Savvas dimostra come anche materiali di riciclo possano avere una nuova vita e offrire gioia a chi li abita … Non è solo un bellissimo lavoro, ma è anche molto significativo”.
La villa centrale è decorata con le maioliche ottomane di Nureyev che giocano con i colori del blu, del beige, e del verde. On the Rocks, verde petrolio, ha la stessa tonalità della fascia più bassa della decorazione ed entra in armonia con il contesto esistente. “Il divano di Binfaré favorisce molto la conversazione e la possibilità di godere del paesaggio da ogni angolazione. Crea una sorta di isola all’interno dell’isola. Per noi, le creazioni Edra esprimono comfort sensuale, eleganza, bellezza, originalità”. È bello che intorno a On the Rocks ci sia un “ritratto” di Li Galli ideato, concepito e prodotto da Anastassiades: un’opera unica composta da tre sculture di tre marmi diversi. “Michael aveva ritratto la sua isola di Cipro e quando abbiamo visto quell’opera gli abbiamo chiesto di ritrarre anche il nostro arcipelago”. Le morbide sedute isola di Binfaré e quelle scolpite in marmo da Anastassiades creano una sorta di nuovo arcipelago. Sulla parete più importante, ruba lo sguardo il ritratto di Giovanni e Nicoletta, un dittico dipinto ad olio su tela dall’artista Patrizio Di Massimo. La casa – come tutta l’isola – è costellata di oggetti meravigliosi. Cammino in una wunderkammer diffusa. Nel salone un trittico dell’artista cipriota Christodoulos Panayiotou, che lavora da sempre sul tema delle icone o meglio dell’“assenza di icone”. In questo contesto viene inserito come un tentativo di stabilire un dialogo tra la nostra cultura e quella ottomana, lasciata in eredità da Nureyev con le sue decorazioni.
Nello studio un arazzo di cashmere, firmato dal duo Formafantasma, che rappresenta la mappa dell’Eritrea e una zona della città di Asmara dove Giovanni Russo è nato e una foto di Luigi Ghirri raffigurante un importante frammento di scultura romana sospeso nel vuoto. “Sull’isola ospitiamo spesso amici che apprezzano la ricerca nel design – racconta Nicoletta – Paola Antonelli, Peter Doig, Hans Ulrich Obrist, Enrico David, Gosckha Macuga, Andrea Viliani, Sam Keller tra i tanti nostri ospiti. Un’attenzione particolare è dedicata alla ceramica di Vietri. Molti i vasi, le sculture e piccoli tavoli in ceramica di artigiani-artisti della costiera amalfitana come Paolo Sandulli, Caruso, Liguori, Francesco Franzese, Solimena, Gambone, Pinto Scotto, Ernestin ... Ci piace immaginare l’isola come un display per tutte le eccellenze che la circondano”. La serata si apre con un ottimo Gin Tonic preparato da Giovanni.
Segue una cena buona e leggera a base di primizie dell’orto e pane fatto in casa con il lievito madre, presentata su piatti realizzati a Vietri, a confermare l’attenzione dei proprietari alla ricerca e all’utilizzo di prodotti di qualità, in armonia con l’ambiente. L’isola parla, a chi sa ascoltare, di una storia antica fino ai giorni nostri. “Oggi – scrive Ercolino – passeggiando tra gli antichi sentieri, possiamo rivivere emozioni di un passato misterioso, dei suoi miti, della sua storia e delle sue tragedie, di un’area così ricca di valori e di patrimonio storico; un’area in cui natura, leggenda e storia si fondono in un tutt’uno, trasportandoci in un’atmosfera di incantevole bellezza, ancora e sempre più pervaso dal fascino delle sue Sirene”, il cui canto accompagna i danzatori di ieri e ispira gli artisti di oggi e di domani, per realizzare un’opera d’arte totale, in cui uomo e natura convivono, in una nuova forma di alleanza. Grazie a Giovanni e a Nicoletta, nella speranza di poter tornare a Li Galli.
Laura Arrighi Architetto, dottore di ricerca in Design, web writer ed editor freelance. Si occupa principalmente di interior, design e moda, con particolare interesse per i fenomeni di ibridazione dei vari campi. Si dedica a: scrittura, ricerca, didattica e progetto, collaborando con le istituzioni e con alcuni importanti studi di architettura italiani. |
Standard all’interno di una delle sale della villa. I colori del divano richiamano le tonalità blu delle ceramiche e delle porte in legno.
La collezione A’mare risalta sul pavimento in ceramica bianca di Vietri e porta la suggestione dell’acqua sotto i portici bianchi della villa.
Standard all’interno di una delle sale della villa. I colori del divano richiamano le tonalità blu delle ceramiche e delle porte in legno.
On the Rocks e Cicladi. Il divano di Francesco Binfarè e i tavolini in alabastro di Jacopo Foggini all’interno della “sala da ballo” che Léonide Massine fece allestire nella torre saracena, in cui danzò anche Rudolf Nureyev.
On the Rocks e Cicladi. Il divano di Francesco Binfarè e i tavolini in alabastro di Jacopo Foggini all’interno della “sala da ballo” che Léonide Massine fece allestire nella torre saracena, in cui danzò anche Rudolf Nureyev.
Standalto e Brasilia. The sofa by Francesco Binfaré and the mirrored coffee tables by the Campana brothers in one of the rooms of the central villa of Li Galli: a vaulted room entirely covered with Ottoman majolica, commissioned by Rudolf Nureyev.
Cipria, Cicladi e A’mare. Il divano dei fratelli Campana, i tavolini e la sedia di Jacopo Foggini all’interno e sull’affaccio della camera padronale. I colori e i materiali degli arredi si inseriscono in armonia con il contesto architettonico e paesaggistico. Sulla sinistra l’opera di Ettore Sottsass Claire de Lune, un totem di ceramica in bianco e verde acqua.