ottobre 2023
Silvana Annicchiarico
Vivere la Casa
Uno degli effetti non secondari prodotti dall’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto, sta nel brusco azzeramento di quel nomadismo quotidiano fatto di continui microspostamenti nel territorio che da qualche decennio a questa parte aveva connotato in modo sostanzialmente omogeneo lo stile di vita occidentale. Ci spostavamo di continuo, ininterrottamente: per andare al lavoro, per un appuntamento, per il teatro o per il cinema, per un aperitivo, per una cena, per lo shopping. Un dinamismo frenetico, ubiquo e pervasivo, che relegava la casa a centro gravitazionale di una vita quotidiana che si svolgeva prevalentemente fuori dalle mura domestiche. Nei mesi passati, senza possibilità di uscire, da casa e in casa abbiamo lavorato, comprato, brindato, cucinato. Abbiamo amato, insegnato, imparato. Tutto l’universo relazionale è stato come riassorbito nella dimensione dell’intérieur, in un redesign dello spazio abitativo che ne ha fatto un microcosmo del mondo. E’ stata un’esperienza eccezionale, certo.
E tuttavia ha indotto tutti a ripensare la casa e la sua centralità negli spazi e nei tempi della nostra vita. E di questa esperienza sono state date le interpretazioni più disparate. C’è chi ha riscoperto la dimensione della casa come tana, come nido o come rifugio. Chi ha avvertito l’esigenza impellente di farne uno spazio polivalente e plurifunzionale. Chi ha sperimentato gioco forza la necessità di usare gli spazi per usi diversi da quelli previsti: lavorare in camera da letto, fare lezione dal salotto, fare ginnastica in studio. Ma c’è anche chi – come il filosofo Emanuele Coccia – ha proposto letture più radicali. Il Corona Virus, secondo lui, “ha costretto l’umanità ad avviare uno strano esperimento di monachesimo globale: siamo tutti anacoreti che si ritirano nel proprio spazio privato e trascorrono la giornata intenti a bisbigliare preghiere secolari. […] Tutto è diventato casa. Il che non è necessariamente una buona notizia. Le nostre case non ci proteggono. Possono ucciderci. Si può morire per eccesso di casa”. Per questo, sempre secondo Coccia, è necessario spostare l’attenzione sugli oggetti più che sullo spazio interno dell’architettura. “Abitiamo veramente solo gli oggetti. […] Gli oggetti ci impediscono di scontrarci con la superficie squadrata, perfetta, geometrica. Gli oggetti ci difendono dalla violenza delle nostre case”. È una prospettiva molto interessante soprattutto per il design: se non altro perché prende atto di come siano gli oggetti e gli arredi a fare di uno spazio – in genere un parallelepipedo architettonico - una casa, e a conferire a ogni casa quel comfort funzionale e quella dimensione estetica che ognuno di noi ha avvertito come imprescindibili proprio nei giorni del lockdown. Voglio dire cioè che oggi il design ha di fronte una delle sue sfide più difficili e impegnative: proprio questi giorni di incertezze e di paure, di fragilità e di insicurezze senza precedenti possono spingere il design a reinventarsi, uscendo dai paradigmi che l’hanno dominato negli ultimi anni (quelli ruotanti attorno alla centralità degli eventi e dello stile) e riscoprendo la sua missione originaria: dare una risposta specifica ai nuovi problemi dettati dall’emergenza, ma anche e soprattutto prefigurare e prevenire il futuro, operando uno scatto di fantasia e osando gesti di spregiudicata visionarietà per ripensare anche gli interni delle case proprio a partire dall’inedito scenario di bisogni e di desideri che il lockdown ha evidenziato.
Per la sua storia e per la sua missione, Edra si presenta come uno dei soggetti più pronti raccogliere la sfida, proseguendo e intensificando quella visione e quella prassi che l’azienda toscana fondata da Valerio e Monica Mazzei persegue fin dalla sua fondazione, con la sua volontà di riscoprire, proporre e valorizzare oggetti senza tempo, estranei alle mode effimere e ai gusti transitori del momento, capaci di durare di generazione in generazione e di esprimere un’eleganza universale senza per questo rinunciare a dare una risposta concreta e di qualità ai bisogni epocali. Prendiamo ad esempio un “tipo” apparentemente ipercodificato e ipercollaudato come il divano: Edra ne ha fatto da tempo un oggetto di sperimentazione e di innovazione, tanto che oggi proprio i divani pensati, progettati e realizzati dall’azienda di Perignano risultano particolarmente sintonici con le nuove esigenze dell’abitare. I divani Edra, ad esempio, sono progettati non più solo come centro del salotto ma come cuore vivo della casa e del comfort domestico.
Prima di Edra i divani avevano una struttura rigida e una forma stabilita: qui lo schienale, lì la seduta. Edra i divani li ha destrutturati. Li ha liberati dai vincoli tipologici, tecnologici e costruttivi che si portavano dietro da secoli.
Li ha resi funzionali non solo ai bisogni, ma anche ai modi, alle abitudini e ai gesti di chi li usa. Prima di Edra era il divano che imponeva all’utente come sedersi. Con Edra è chi si siede che suggerisce al divano la sua forma. Così ogni divano diventa una mini-installazione che dialoga con lo spazio circostante e garantisce bellezza, benessere e comfort a chi lo usa. Componibili, adattabili, modellabili a piacere (come lo Standard di Francesco Binfaré, con il suo cuscino intelligente in grado di assicurare la miglior posizione di relax con un semplice gesto della mano), i divani Edra sintetizzano un possibile modello per le nuove esigenze di qualità, comfort e flessibilità, offrendo all’utente un’inedita esperienza di benessere e di libertà: vere e proprie ‘zattere’ o ‘isole’ nello spazio domestico, divani come On the rocks o Sherazade non impongono più un unico punto focale verso cui guardare (di volta in volta il fuoco del camino, il televisore, gli ospiti…), ma consentono di accomodarsi in punti diversi e in posizioni differenti (eretti, sdraiati, accoccolati), garantendo – grazie ai cuscini che creano cortine e appoggi - sia la convivialità sia l’isolamento e la concentrazione, in base alla condizione di cui l’utente ha bisogno.
Con Edra è chi si siede che suggerisce al divano la sua forma.
La ricerca e la sperimentazione innovativa non si disgiungono mai dall’antica sapienza manuale, la tecnologia pur avanzatissima è sempre dolce e mai invasiva (si pensi a un divano come Flap) e il lavoro sui materiali va nella direzione di una nuova tattilità capace di avvolgerci mentre ci sediamo. Tutti i prodotti Edra diventano così una garanzia di quel comfort che il lungo isolamento dovuto all’emergenza sanitaria ha reso sempre più necessario: penso allora ai divani dei fratelli Campana, con le loro forme organiche e sorprendenti, capaci di animare lo spazio e di sottrarlo alla sua fredda spigolosità geometrica, rendendolo caldo e vivo, ma anche morbido, fluido e accogliente. Ma penso anche alle sedie e ai lampadari di Jacopo Foggini, così capaci di innescare giochi materici sinestetici e luministici che teatralizzano gli ambienti e costruiscono una sorta di drammaturgia oggettuale dell’emotività. Per non parlare delle forme di certi divani di Binfaré: ispirati a rocce o ad animali (come Pack, che ha la forma di un orso sdraiato sulla banchisa) portano il mondo dentro la casa. La fanno mondo. Mondo e casa coincidono. Che è poi – a pensarci bene – proprio la condizione che l’emergenza dei primi mesi del 2020 ci ha indotto a sperimentare.
Edra, insomma, è consapevole che gli oggetti e gli arredi sono espressione di qualcosa di più profondo della loro funzione immediata e perfino della loro configurazione estetica. Attraverso di essi, infatti, ognuno di noi cerca, anche se inconsapevolmente, di ritrovare quel senso di benessere, di protezione, di unicità e di appagamento che ha conosciuto nel luogo da cui tutti proveniamo: la nostra casa primordiale, l’utero materno.
Silvana Annicchiarico Architetto, vive a Milano, svolge attività di ricerca, di critica e di didattica. È consulente per enti pubblici e aziende. Attraverso progetti espositivi ed editoriali si occupa di temi contemporanei, dell’opera di grandi maestri e di nuovi protagonisti del design. Dal 2007 al 2018 è stata Direttore del Triennale Design Museum della Triennale di Milano. |