On the Rocks. Il divano apre, nel soggiorno della villa, una visuale a 360 gradi sul paesaggio. Insieme le opere di Maarten Baas, Piet Hein Eek e Anton Gaudì.
ottobre 2023
Laura Arrighi
La Purezza dei Volumi
L’architetto Bart Vos e il paesaggista Piet Oudolf firmano una casa nella foresta di Burgh-Haamstede
Immersa nell’area boschiva delle dune di Burgh-Haamstede, nei Paesi Bassi, sorge una villa per vacanze con vista sul faro progettata dall’architetto Bart Vos e dal paesaggista Piet Oudolf. Il desiderio dei committenti era quello di realizzare un’architettura solida ma allo stesso dinamica, di altezza modesta e che si adattasse all'ambiente. Che fosse un luogo piacevole, dove tutti, grandi e piccoli, si sentissero a casa. È stata costruita su un lotto rettangolare che ne ha suggerito lo sviluppo planimetrico, con affacci che consentono agli abitanti di avere al tempo stesso spazi intimi e momenti di condivisione. Racconta Bart Vos come l’ispirazione per la forma allungata sia arrivata da un luogo e un tempo lontani, quando trent’anni or sono studiò in Giappone e visitò i santuari di Kyoto “con i loro magnifici templi che aprono innumerevoli scorci visuali”. Le prospettive, la ricerca sui materiali, l’attenzione al contesto e a chi abiterà le sue architetture, ma soprattutto la Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale) fanno parte del vocabolario dell’architetto, che continua: “questa è stata la prima volta in cui ho sperimentato l'importanza della visione d’insieme. Ho avuto la fortuna di avere clienti che mi hanno permesso di realizzare sia l'edificio, sia gli interni, sia l'arredamento, spesso progettato custom made”. Qualcosa di possibile non soltanto attraverso una certa attitudine e sensibilità, ma anche e soprattutto attraverso un particolare modo di approcciare al progetto. Un processo preciso, che parte prima di tutto dall’incontro con le persone e dal dialogo.
“Questa è una cosa che sento di avere in comune con Edra. L’importanza di prendersi del tempo per ascoltare, discutere, pensare prima di iniziare a progettare”. In un mondo che va tanto veloce e in cui troppo facilmente le informazioni sono a nostra disposizione, Bart sottolinea l’importanza della qualità del tempo per realizzare qualcosa di veramente originale e profondo, che rimanga negli anni. La casa di Burgh-Haamstede trasmette questo: una sensazione di accoglienza, calma e serenità. Il segreto è non considerare l’architettura un disegno finito, ma un’opera in divenire che si trasforma e si definisce man mano che viene realizzata. “Passo molto tempo a fare schizzi a mano. E anche questa casa è nata da uno schizzo estemporaneo. Il rapporto con i clienti è davvero importante. In questo caso ancora di più, perché il padrone di casa è anche un mio grande amico. Mi ha invitato a vedere questo lotto di terra. Aveva già un progetto in mano. Non era convinto, però. Io l’ho ascoltato a lungo, ho cercato di capire cosa volesse veramente e in cinque minuti ho fatto un disegno veloce, molto generale, che però racchiudeva già la forma e lo spirito della sua casa e lui mi ha detto: ‘Bart, mi fido di te’. Mi piacciono le discussioni, gli adattamenti, i ritocchi. È un processo organico e mai risolto fino alla fine – continua Bart – Ho immaginato come l'edificio sarebbe stato vissuto. Nella mia testa l’ho percorso tenendo conto della funzionalità e dell'estetica. Ho aperto le porte, girato gli angoli. Mi sono chiesto cosa avrei visto. Non ho progettato un guscio che ho organizzato e riempito di oggetti, ma ho iniziato a progettare dall’interno, studiando i rituali domestici: sedersi, rilassarsi, sdraiarsi, nuotare, prendere il caffè del mattino”. Una sorta di diagramma di flussi ed usi dello spazio che ha dato forma all’involucro, non il contrario. “A volte i clienti sono da subito impazienti e vogliono sapere esattamente come sarà il risultato finale.
Io li convinco a cambiare approccio. A questo proposito mi vengono in mente le parole del paesaggista Piet Oudolf, con cui ho collaborato per questo progetto. Quando gli ho domandato come sarebbe stato il giardino, lui mi ha risposto: ‘Oh, non lo so ancora, vedremo quando ci sarà il tetto più alto’. Infatti, solo quando lo ha visto ha cominciato a progettare. Aveva bisogno di capire quale albero piantare e in quale posizione, perché si integrasse in modo armonico con l’architettura. Perché raggiungesse una certa altezza massima e producesse determinati effetti rispetto alla stagione”. Completamente inserita nel paesaggio, la villa è come se nascesse dal terreno e vi si immergesse attraverso sentieri e giardini pensili. Lontana dall’estetica delle piscine moderne, quella su cui si affaccia la casa sembra una vasca naturale. Il verde studiato nei minimi dettagli anche se apparentemente spontaneo, cresce in equilibrio perfetto con l’architettura e i suoi abitanti; ha una forte relazione con l'interno, appare e scompare rispetto alle diverse prospettive, e fa aumentare la percezione spaziale, come se espandesse i confini della casa. “La forza di questa architettura è la sua presenza modesta, ma con un carattere deciso, ed è questo che ha reso straordinario il giardino. Non è colorata o decorata, è un volume puro su cui ho potuto lavorare a diversi livelli. Mettere delle piante sul perimetro, ma anche sui tetti, quasi mimetizzando la villa.” racconta Piet Oudolf.
L’ingresso ha un taglio netto e profondo e offre diverse prospettive sugli interni. La villa appare come scolpita, e si sviluppa su diversi piani in parte incassati nel terreno. La pianta si snoda lungo corridoi serpeggianti in volumi sfalsati sia orizzontalmente sia verticalmente. L’interno si fonde con l’esterno grazie alle grandi pareti vetrate, ai tetti a sbalzo e ai pavimenti outdoor che confluiscono letteralmente nella casa. L'uso di materiali sostenibili come il legno, il marmo, l'acciaio corten, il calcestruzzo e la pietra muschiata, accostati in modo magistrale con combinazioni che l’architetto definisce “relazioni d’amore”, contribuiscono a far sì che si integri ancora di più con il paesaggio. L’ambiente, l'incidenza della luce, della trasparenza, del vento e della percezione spaziale hanno avuto un ruolo centrale nella progettazione. Come anche le scelte d’arredo, i divani Grande Soffice e On the Rocks che, nell’ottica di realizzare un’opera totale, hanno giocato un ruolo fondamentale nella ricerca di un comfort a 360 gradi. “Le forme dei divani Edra cambiano sempre – racconta Bart – il che li rende estremamente interessanti, in particolar modo in questi ambienti, che sono piuttosto regolari. C’era bisogno di morbidezza e di una qualità del tessuto che si sposasse perfettamente con la casa e il giardino. Per il Grande Soffice del soggiorno abbiamo scelto un tessuto verde. Sembra una scelta banale, verde come la natura… In realtà, durante l’inverno, quando fuori i colori sono meno accesi, l’effetto di questa tonalità che tende al marroncino e al dorato è straordinario”. Grazie al suo modo di progettare, alla grande sensibilità nei confronti dell’architettura e delle persone che la abiteranno, tutte le architetture di Bart hanno una loro anima. Per espressa volontà, non hanno uno stile che le qualifica immediatamente come opere di Bart Vos. L’intensità è ciò che caratterizza questa villa immersa nella foresta di Burgh-Haamstede.
Laura Arrighi Architetto, dottore di ricerca in Design, web writer ed editor freelance. Si occupa principalmente di interior, design e moda, con particolare interesse per i fenomeni di ibridazione dei vari campi. Si dedica a: scrittura, ricerca, didattica e progetto, collaborando con le istituzioni e con alcuni importanti studi di architettura italiani. |
Grande Soffice in tessuto verde muschio, morbido e accogliente, nella sala tv. In primo piano i tavoli Cicladi in alabastro naturale e sullo sfondo l’opera “Volpe” di Benedetta Mori Ubaldini e i vasi di Gaetano Pesce.