ottobre 2023
Laura Arrighi
Amare Ama
Dove arte, vino e ospitalità si incontrano.
Ama è un piccolo paese nel cuore del Chianti Classico, in provincia di Siena. Il borgo è circondato da colline dove i vigneti si alternano agli oliveti e incontrano il bosco. All’interno del borgo sorge Castello di Ama, un’azienda di produzione vinicola nata negli anni ’70 grazie alla visione di quattro imprenditori che reimpiantarono buona parte dei vigneti e costruirono una moderna cantina di fermentazione.
Castello di Ama ha due anime complementari, dell’arte e del vino. E queste anime appartengono a due diverse personalità, quella di Lorenza Sebasti e quella di Marco Pallanti, colleghi, compagni, moglie e marito, madre e padre di tre figli, grandi amici e complici. Philip Larratt-Smith in Coltivare e Costruire - Castello di Ama scrive che il carattere di un luogo dipende da proporzioni variabili, da fattori esterni e da caratteristiche oggettive, ma “affonda le sue radici anche nel substrato interiore delle percezioni, delle emozioni che si liberano dentro di noi quando veniamo a contatto con questi fattori esterni […] dalla consapevolezza di noi stessi. Ricordi, desideri e fantasie”. Raccontare Castello di Ama è quindi raccontare anche la storia delle persone che lo hanno prima di tutto “sentito”. Lorenza, figlia di uno dei soci fondatori, arrivò per la prima volta ad Ama nel 1980. “Fu amore a prima vista. Decisi di terminare gli studi, in accordo con mio padre, e quindi trasferirmi definitivamente nel 1988”.
Marco invece incontrò Ama nel 1982: “Se quel giorno di settembre, quando ebbe inizio la mia avventura qui, mi fosse apparsa una fata e si fosse offerta di esaudire i miei desideri di ‘aspirante enologo’ certo non sarei mai riuscito a chiederle tutta la bellezza che qui ho poi trovato. A quel tempo non ero in grado di immaginare il carattere evocativo del vino e come, attraverso il suo gusto, fosse possibile toccare la sensibilità della gente, ampliandone gli orizzonti. L'ho scoperto, con mia grande soddisfazione, negli anni successivi ed è la parte più bella del mio lavoro”.
La complicità con Marco è stata decisiva per Lorenza, che racconta: “Non sapevo distinguere l’uva bianca dall’uva rossa, ma avevo voglia di imparare. Marco mi ha insegnato veramente tutto, anche se la scoperta del vino è stata un percorso molto personale, che ho fatto anche viaggiando e studiando”. Dopo la prima vendemmia del 1988 che vide la produzione di circa mezzo milione di bottiglie con 55 ettari di terreno, decisero di operare scelte draconiane e cominciarono a produrre la metà del vino. Abbassare le rese per migliorare il più possibile la qualità del prodotto. “Ama, per me, non era solo vino. Io volevo aprire le ville e sentivo la necessità di curare l’ospitalità coinvolgendo altre realtà creative. Quando mi trovai ad affrontare i lavori di ristrutturazione non volevo limitarmi alla messa a norma degli edifici, ma cominciai a scegliere con attenzione arredi, tessuti, luci e decori”. Già nei primi anni ’70 Castello di Ama si era avvicinato al mondo dell’arredo. Brunero Mazzei, padre di Valerio e Monica, che aveva apprezzato la qualità di questo vino, ne regalava sempre una bottiglia ai suoi clienti. Anni dopo Lorenza tornava dalla famiglia Mazzei, questa volta l’azienda di seconda generazione, Edra, per scegliere il primo prezioso inserimento: i grandi lampadari dei fratelli Campana per la sala affrescata settecentesca di Villa Ricucci, una delle ville del borgo. Poi ancora, sceglieva il divano Standard di Francesco Binfaré con tessuto fucsia come omaggio al vino rosato Purple Rose, per accogliere gli ospiti nell’ampliamento della cantina – una struttura moderna in acciaio e vetro con visuale aperta sull’esterno.
“La produzione Edra ha il fascino di dialogare con la storia, con il presente e con il futuro, questi sono i punti di forza e l’espressione della visione aziendale; di una bellezza non fine a se stessa, ma come punto di partenza per trasmettere una forte identità e che come per l’arte è sempre contemporanea. Ogni oggetto Edra è un lavoro artistico, unico ed inimitabile, di grande fascino, che riesce sempre ad esprimere la sua essenzialità con il plus di una ricerca straordinaria, dalla tecnologia creativa, alla scelta dei tessuti unici”.
In questa visione che estendeva gli orizzonti di Ama oltre i confini dei campi coltivati, la storia del vino intreccia quella dell’arte. Già a partire dai primi anni ’90, a seguito di diverse mostre temporanee organizzate nel 1994 e nel 1995, Lorenza ebbe un’illuminazione: installare ad Ama un'opera di Michelangelo Pistoletto. Grazie ad un contatto con Lorenzo Fiaschi di Galleria Continua nacque un sodalizio che dette vita al percorso artistico che oggi è Castello di Ama per l'Arte contemporanea. L’idea, che inizialmente era un’intuizione e poi si sviluppò in un vero progetto, non era quella di comprare opere per esporle, ma di instaurare una complicità tra opera e luogo. Far nascere l’opera in Ama, per Ama. In questo processo, Lorenza è stata la parte legata al territorio, e quindi deputata ad accogliere l'artista per fargli comprendere la sua magia. Per Marco invece la cosa è apparsa da subito diversa: “Quando mi chiedono chi sono i miei competitors rispondo: gli artisti. La mia sfida è riuscire a fare un vino grande come una delle opere d’arte che sono ad Ama”. La prima opera di Michelangelo Pistoletto L’albero di Ama era più un desiderio da appagare, una passione, ma già in quella si percepiva l’intento di Lorenza e Marco. In fondo ad uno scalone delle antiche cantine si erge un tronco, all’interno del quale si inserisce uno specchio angolato con molteplici rifrazioni. Un’opera che esprime la sensibilità dell’artista ma anche la sua generosità. È stata però l’opera di Daniel Buren Sulle vigne: punti di vista a dare la consapevolezza di quell’intuizione. “In Ama l’artista non porta solo la sua arte ma, in uno scambio armonico, interpreta e rende magico il territorio. Di una magia autentica, per cui si è in Ama e in nessun altro luogo”, spiega Lorenza. Buren si è concentrato su una parte del giardino adiacente a Villa Ricucci, trasformandola in un salone delle feste a cielo aperto. Un muro specchiato lungo venticinque metri e alto due, costellato da finestre contornate da bande verticali, enfatizza il paesaggio della vallata: lo incornicia con lo scopo “di chiudere lo sguardo sul territorio circonvicino – scrive Giorgio Verzotti – e nello stesso tempo di aprirlo, ma secondo particolari modalità […] rielaborando così tutta una tradizione, quella della ‘pittura di paesaggio’, o anche il concetto, altrettanto consueto, di pittura come ‘finestra’ aperta sul reale [...] Anche al Castello di Ama assistiamo ad una rappresentazione o, per meglio dire, ad un dispositivo grazie al quale si rappresenta qualcosa”.
Con l’arrivo dell’arte, sembrava che anche il vino fosse migliorato. Perché, spiega Marco citando Umberto Eco, “anche il vino è un’opera aperta. Proprio come un libro, una sinfonia o un'installazione di arte contemporanea. Stimola il fruitore a partecipare al completamento di quella quota di indeterminato che è racchiusa in ogni bottiglia. L'armonia che regna nel paesaggio toscano ha origini rinascimentali e non è possibile spiegarla facendo esclusivo riferimento alla tecnica agraria in uso, da sempre, nel territorio”. Con questo spirito rinascimentale di coltivare e custodire la bellezza in ogni sua forma, Castello di Ama per l'Arte contemporanea ha proseguito il suo percorso e con sempre maggior consapevolezza del significato del progetto si è reso autonomo da Galleria Continua. “Abbiamo chiamato un solo artista all’anno. Come abbiamo fatto per la produzione di vino, la nostra ambizione è sempre stata quella di fare qualcosa di unico per il luogo, che non fosse né di marketing né di comunicazione rispetto alla nostra azienda, ma che avesse il solo scopo di far bene a noi, al territorio e ai nostri ospiti. L'arte è vitale. Il tempo che passo con gli artisti per me è il tempo giusto, che mi nutre” spiega Lorenza. Dopo le prime due, altre sedici opere hanno contribuito a legare sempre di più i mondi dell’ospitalità e del vino a quello dell’arte.
Topiary di Loise Bourgeois, una scultura in marmo rosa di una dolcissima figura femminile trasformata in fallo, in boccio che si autofeconda seduta in un una vecchia cisterna di raccolta di acqua. Revolution / love di Kendell Geers: la scritta in neon rosso NOIT(LOVE)R che compare in una stanza, evoca una cripta romanica e si fa portavoce del racconto del vino del Castello di Ama; un racconto rivoluzionario rispetto a uno status quo e a una tradizione. Che è poi quello che succede in natura con la sua continua pulsione di rinnovamento. E ancora Aima di Anish Kapoor, un cerchio Iuminoso, una piccola voragine rossa, ingannevole, aperta al centro del pavimento deIIa cappellina deI Castello di Ama. Paradigma di Giulio Paolini, La lumiere interieure du corps humain di Chen Zhen, Yo no quiero ver mas a mis vecinos di Carlos Garaicoa, Towards the ground di Cristina Iglesias, Amadoodles di Nedko Solakov, The observer di Ilya ed Emilia Kabakov, Le chemin du bonheur di Pascal Martine Tayou, Confession of zero di Hiroshi Sugimoto, Topos (excavated) di Lee Ufan, Red nerve di Miroslaw Balka e Untitled di Roni Horn. Ed appena ultimata l’opera di Giorgio Andreotta Calo.
Philip Larratt-Smith scrive: “Con la sua miscela unica di arte, cibo, vino, architettura e paesaggio, Ama si rivela un'opera d'arte di per sé. Trascorrere del tempo qui significa regolarsi su un altro ritmo, un altro modo di stare al mondo, via via che un senso di pace si accompagna al senso di sé. Stando qui sentiamo crescere la consapevolezza di noi stessi, la nostra esistenza ci pare arricchirsi e farsi più profonda, la nostra mente si inebria di natura e proviamo una eccitante sensazione di autenticità e di verità interiore”.
Laura Arrighi Architetto, dottore di ricerca in Design, web writer ed editor freelance. Si occupa principalmente di interior, design e moda, con particolare interesse per i fenomeni di ibridazione dei vari campi. Si dedica a: scrittura, ricerca, didattica e progetto, collaborando con le istituzioni e con alcuni importanti studi di architettura italiani. |